Questa la devo scrivere in italiano.

Modena per me.
Modena per me è la mail di una sconosciuta che ti chiede se stai cercando casa anche tu e poi diventa la tua migliore amica per parecchi anni.
Modena per me sono Corelli, Archirola e San Paolo. Ma anche Mascagni e Sigonio.
Modena per me sono 4 traslochi e 13 coinquilini cambiati.
Modena per me è consapevolezza di una verità che mi ha sconquassato la vita e mi ha fatto rinascere allo stesso tempo e che mio padre chiama “stile di vita che non approvo”.
Modena per me è chiudere una storia dopo 4 anni con un uomo che a mio modo ho amato molto.
Modena per me è chiudere una storia dopo 4 anni con una donna che a mio modo ho amato molto.
Modena è la felicità degli anni universitari in cui a cena si inizia in 3 e si finisce in 12.
Modena è sushi con i coinquilini che poi diventa sushi con le colleghe che poi diventa sushi con le amiche.
Modena per me è il primo lavoro serio.
E’ la consapevolezza di avere una famiglia acquisita che ti si stringe intorno quando muore tua madre.
Modena per me sono le 5 di notte con spaghetti aglio, olio e peperoncino.
Modena per me è il primo vero Amore che ti massacra quando lo perdi e ti fa rinascere quando sopravvivi alla sua fine.
Modena per me sono i lavori che ho fatto e i colleghi che ho cambiato: i matti, gli arcigni, gli speranzosi e i vili, gli inutili e gli autosufficienti, quelli che sbarcano il lunario e quelli che tanto c’è chi lo fa per te, quelli che si fanno un gran culo al posto di tutti, quelli che siamo una grande famiglia, quelli che domani ti dico qualcosa, quelli che non devi cercare soddisfazione nel lavoro, ma in te stesso.
Sono le varie edizioni dei festival di teatro e di filosofia, o delle feste dell’Unità.
Modena per me sono gli amici che cambiano e non ti parlano più.
Modena per me sono le amiche che sono andate via e ti chiamano ancora per dirti che ora hanno un figlio.
Sono le serate al Frozen e all’Off, al Keller e da Vincenzo.
Modena per me sono le schitarrate a squarciagola e il karaoke ubriachi.
Sono le chiacchiere fino al mattino davanti ad un portone.
Modena per me è la scoperta della chitarra al posto del violino.
E’ capire l’importanza di Guccini, De Gregori e De André.
Sono Aldina ed Ermes. Sant’Eufemia e La Bicicletta.
La Pomposa e il Griffins. La Vecchia Scarpa dove eravamo rimaste in due ad andare nei giorni feriali.
La bici che si chiama Virginia e la neve che te la seppellisce ogni mattina di febbraio.
Il mercato europeo con 4 compleanni di fila e le torte al parco.
Un bowling, un biliardo e i bimbiminchia che ne conseguono.
Le tigelle che sono crescentine che si vendono nel “posto dove si si fa la crescenza” (lol).
Il teatro piccolo, medio, grande. Giovane, di ricerca, borghese.
L’Università troppo grande e troppo piccola, troppo vecchia e troppo giovane.
Le lauree e le feste di laurea e la biblioteca Delfini con i dvd in ordine di regista che ti salvano la serata.
I miei fruttivendoli di fiducia indiani al Mercato Albinelli e il banchetto con il pane in offerta solo fino a una certa ora.
Piazza XX Settembre che è la mia preferita per la luce che ha.
Gli Scioperi Sindacali, Se non Ora Quando e i baci in piazza contro Giovanardi.

Modena per me è condividere.
E soprattutto è stata speranza per sette anni.

Sono successe così tante cose da sembrarmi un’altra vita e qualunque cosa io scriva non posso riassumerli in nessun modo, in nessuna lingua, straniera e non. Non riesco ad esprimere quanto mi si stringa lo stomaco ogni volta che ci penso, o come mi si contorceva mentre guidavo una macchina piena come un uovo per riportare roba in un luogo che non sento casa mia.

Però posso dire che nonostante la tristezza infinita per quello che lascio, tutto questo cambiamento, questo sradicamento forte mi fa capire quanto sia fondamentale credere nelle proprie scelte.
Quanto sia stato fondamentale credere in Modena prima di trasferirmi lì e quanto sia fondamentale credere in Londra adesso. E in noi stessi sempre.
Le città cambiano, le persone anche e più spesso di quello che crediamo cambiamo anche noi (e non esistono più le mezze stagioni :D).

Ma il risultato del cambiamento non conta. Perché il risultato è temporaneo come tutte le cose.
Il processo è quello che ci porta ad andare avanti. Il presente, il momento che viviamo mentre lo viviamo, mentre non ci accorgiamo di quanto sia prezioso e lo insultiamo dicendo che è noioso.

Non la destinazione, ma il viaggio.
E lo stato mentale che ci guida mentre attraversiamo la vita.

io sono fiero del mio sognare,
di questo eterno mio incespicare
e rido in faccia a quello che cerchi
e che mai avrai”

Ora basta con la predica. Vi lascio con questa:

“La vita non finisce mai di stupirti”

Sei tu che non finisci mai di stupirmi.

Tu con la tua gelosia.

Tu con le tue impalpabili insicurezze che scelgono sempre il momento più giusto per massacrarmi di sensi di colpa.

Da quando stiamo insieme mi si scioglie il cuore praticamente ogni giorno, e il cervello è ormai caduto in uno stato di necessità tale da somigliare ad un ascensore con la scritta “guasto” sopra.

Mi dedichi canzoni, mi posti video su facebook, mi scrivi quando non potresti, mi parli quando tutti dormono.

Ed io non riesco a farti capire quanto tutto questo mi stupisca.

Quanto questo tuo esporti per me ti faccia onore, quanto io mi senta una persona importante nella tua vita per tutto quello che fai e che mi fai arrivare.

Mi ero ripromessa di non scrivere mai di noi su questo blog, ma non ci riesco. Ti ho così tanto assimilato nella mia quotidianità che per non scrivere di te, di noi o dei nostri momenti, ho finito per non scrivere più.
E così eccomi qua a srotolare la matassa di sentimenti e colori che si sono accumulati negli ultimi mesi. Nessuno avrebbe potuto fare di più…nessuno avrebbe potuto fare di meglio.

Perché la felicità che mi dai, che vivo nel trovarti accanto nella mia vita è qualcosa che nessuna parola potrà mai descrivere. Non lo so dove ci porterà tutto questo e se finirà e come finirà.
Non mi interessa.
So soltanto che se ho dovuto aspettare 25 anni per essere così felice con una persona sono ben contenta di aver aspettato. E di averti aspettata.

Per la serie a volte ritornano

Ripensavo al Conservatorio oggi.

A quando per paura dei giudizi degli altri non sono riuscita a vivermi appieno una cosa che amavo profondamente.

E alla fine è proprio questo il punto.

Il “punto” è che quando in gioco c’è una cosa che ami non ti puoi fermare a pensare.

E i più cinici diranno che questa è una gran cazzata e che in tutte le cose devi metterci cervello.

I più cinici penseranno che amore non vuol dire irrazionalità. E che anche quando ami devi fermarti a pensare a cosa è bene per te e cosa è male, cosa è giusto e cosa è sbagliato, almeno per te stesso.

Ed io ai più cinici dico di cambiare sito a questo punto. Perché se c’è un rimpianto che ancora oggi mi perseguita è proprio il non essere riuscita a manifestare quanto amavo qualcosa, per paura dei giudizi cinici di chi mi stava intorno. Ed oggi mi ritrovo con una chitarra in mano a pensare che forse doveva andare così, o forse no, ma la verità è che come sarebbe andata non lo saprò mai, per colpa di una razionalità non mia, ma dalla quale alla fine mi sono comunque lasciata sopraffare.

Ed ora capisco il senso dell’espressione “lanciare il cuore oltre l’ostacolo”. Lo capisco perché lo sto facendo, perché lo vivo e perché lo sento. Perché altro che ostacolo, il cuore non so proprio più dove l’ho lanciato e non so neanche dove e quando lo ripescherò e se quando ciò accadrà lo ritroverò malconcio o gonfio d’amore.
So soltanto che se c’è una cosa che ami la ami tu.

La vivi tu.

La senti dentro di te.

E gli altri difficilmente lo capiranno. Se lo capiranno tenteranno di disilluderti. Tenteranno di trovarti i pro o i contro delle cose. Perché fa parte di un amico farti vedere gli aspetti razionali delle situazioni. Ma tu, non puoi fermarti a crederci. Ci puoi provare, ma con scarsi risultati. Oppure puoi lanciare il cuore oltre l’ostacolo….

e vedere fin dove arriva…

passo

dopo

passo.

Infanzia

Chi l’ avrebbe mai detto che alla fine avrei associato ad una serata romana una delle cose che ha caratterizzato tutta la mia infanzia? Si tratta di Return to Oz.
E’ un film della Walt Disney, o meglio…mi correggo, il più bel film che la Walt Disney abbia mai fatto. E ieri sera in quella stanza a riguardarlo dopo 10 anni, avvolta in una coperta di lana a quadri, mi rendevo conto di quanto i film che guardiamo da piccoli influenzino poi molti dei nostri valori, scelte, o punti di vista.
E capivo quanto di quelle scene che ho sempre adorato tanto è ancora oggi una piccola parte di me, affezionata alla stanza degli oggetti di cristallo o al the con il Re degli Gnomi.
E pensare che per una buona parte della mia vita i fantasy li ho perfino associati alla demenza, alla stupidità umana…negando ed ignorando a quanto pare un’intera parte della mia vita..quella di Ritorno ad Oz e de La storia Infinita, quella di Fantaghirò e dei cartoni animati…quella che oggi mi fa ancora amare la lettura, i libri con la copertina in pelle, i negozi di antiquariato, i cani bianchi e gli oggetti di vetro…
Quella che mi fa sempre avere un desiderio in mente per evitare che Fantasia scompaia..

Le piccole cose..

Alla fine è sempre così.
Quando vivi un’esperienza emozionalmente molto forte, ti riesce difficile tornare in una diversa realtà ed apprezzare le piccole cose.
Vedi tutto troppo imperfetto, troppo sbagliato…troppo.

Poi c’è un momento in cui la negatività scompare. Così, improvvisamente, come se un piccolo interruttore in te d’improvviso accendesse la luce per farti vedere che anche se hai camminato a tastoni finora, le cose intorno a te c’erano, bastava sentirle.

E sono le piccole cose che fanno accendere quell’interruttore.
Così ieri sera. Così negli ultimi giorni qui.
Il caffè la mattina, il pranzo pronto, una notte insonne, una schiera di salsine sul tavolo, la condivisione di un libro, di un film, di un pensiero, di un viaggio, di un the caldo, di una telefonata che ti accompagna a casa, di un’incazzatura…in una parola: quotidianità.

E non è che uno vuole essere sdolcinato o patetico, ma quando queste piccole magie quotidiane accadono succede qualcosa di davvero speciale.
Succede che quello che ti circonda ti sembra così bello in certi momenti, che riesci ad estraniarti dall’attimo per guardarlo da fuori con orgoglio.
E ti sorprendi a guardare una scena, o gli altri, come se stessi guardando un film. E ti senti felice di far parte di quel momento, di sentire le risate sovrapporsi, gli sguardi intendersi, le battute degenerare, il vino darti alla testa, la complicità tornare ad essere..

ancora
e
di nuovo,
quella di una volta. 

Updates…

Mi è bastato un weekend a Firenze per rendermi conto di cosa mi faceva sentire così vuota e a volte inutile.
Sono stati tre giorni intensi. Ed ero in una nuova casa in cui tutto era diverso tranne una cosa: gli archivi, il giornalismo, le foto, i reportage, tutto quello che fino a prima di iniziare la specialistica era il mio mondo, il mio sogno, la passione che mi faceva stare sveglia la notte a sognare ad occhi aperti.
E stando lì mi sentivo come se fino ad adesso avessi mentito a me stessa, come se fino a quel momento mi fossi convinta che scrivere poteva anche non essere il mio futuro, come se il giornalismo non fosse più parte di me come prima.

Invece no.

Invece ho risentito, dopo tanto tempo quell’attrazione fatale, quell’amore/odio per i viaggi, per il pericolo di stare su un aereo che cade a pezzi diretto verso un luogo ai confini della civiltà e quell’esigenza di raccontarlo.
E me ne sono andata a letto, ho acceso la tv sovrappensiero finché non mi sono imbattuta in uno di quei film che mi ha cambiato la vita "Nuovo cinema Paradiso". Con la differenza che stavolta mi sono resa conto che la frase chiave del film non è più per me "Vattinne, chesta è terra maligna", ma "Non tornare mai, nun ti fari futtere dalla malinconia". Ed è un po’ quello che ha fottuto me. La malinconia per qualcosa che poi quando torni non ritrovi più come l’avevi lasciato.
E mi è tornata la voglia di creare, di scrivere, di raccontare, di fare foto, di leggere, di vedere film…la curiosità. Tutto di un colpo mi è tornata la voglia di vivere come ho sempre vissuto: appassionatamente.

Nonostante questo Paese distrugga le persone appassionate ignorandole e non rispettandone le idee.
Devo trovare il modo per sentire questa passione scorrermi nelle vene tutti i giorni, devo trovare un modo qui in Italia per far vivere dentro di me questo sogno perché anche quando non lo guardo lui resta lì a guardarmi vivere.
Devo trovare il modo per non fare al giornalismo quello che ho fatto alla musica: lasciarla andare.

Anche perché prima o poi ritorna ed è sempre troppo tardi.

Tempo.

Nel senso di weather.
La pioggia che amo, quella immensamente sottile, talmente sottile che ti sembra di camminare in una nuvola, che ti bagni e non sai perche’, ma e’ cosi’ bella che non riesci a lamentarti.
La pioggia che odio, quella che ti sommerge a secchiate, da ogni lato, quella che ti fa domandare perche’ cazzo all’ultimo momento hai preferito portare l’ombrello piuttosto che l’impermeabile. Quella che ti inzuppa le scarpe a tal punto che ti sembra di camminare in un’infinita pozzanghera. Quello che non puoi vedere, ma puoi sentire nel senso di touching.

Tempo.

Nel senso di time.
Quello che manca, quello che corre, quello che non si ferma mai o quello che si ferma nel momento sbagliato.
Quello che sto trascorrendo qui, quello che ho trascorso a Londra, quello trascorso in Italia.
Quello prezioso, quello che significa “ricordo” quello di cui e’ difficile dimenticarsi, quello che speri di vivere ancora. Quello che non puoi vedere, ma puoi sentire nel senso di feeling.

Tempo.

Nel senso di tempo.
Quello musicale, quello che e’ nelle parole quando leggi, reciti, canti, suoni, quello che ti fa capire il senso di una frase e quello che ti fa tiptatare con le dita su ogni tavolo quando senti un ritmo che ti coinvolge. Quello fatto di crome e semicrome, minime e semiminime, quello fatto di note, accordi, suoni e pentagrammi. Quello che non puoi vedere, ma puoi sentire nel senso di listening to.

Io amo decisamente la lingua inglese.

 

Questo post era nato diversamente, parlava di Edimburgo e del mio primo giorno qui, l’avevo scritto venerdi’ scorso. Poi la connessione e’ caduta, il pc me l’ha ingoiato e non sono stata in grado di riscriverlo com’era, per cui ho cambiato totalmente argomento.
E forse questo mi piace di piu’.

primo maggio

I. gira di qua…
M. no, di là…
I. aspetta, lì c’è qualcosa
M. ma noo, è un parcheggio…
I. no, non è un parcheggio…
M. si, ti dico di si…
I. no ti dico che non è……

Ho fatto bene ad insistere…svoltato l’angolo…ci siamo trovate davanti una lunghissima immensa, stupenda distesa d’erba, fontane, panchine, ed un sole leggero ad illuminare i visi contenti dei turisti sdraiati …
Questo è stato il mio primo approccio con Parma.
Poi il Teatro Regio ed il Duomo spettacolare tutto affrescato, poi Piazza Garibaldi che ricorda Piazza della Repubblica a Firenze…

Parma mi è piaciuta tanto, un misto di tutto il bello delle città d’Italia (poche) che ho visitato finora…
Portici bolognesi, piazze grandi, prati padovani, eleganza fiorentina, colori ferraresi, dolcevita romana…tutto in piccolo, tutto bellissimo.
E mi veniva voglia di correre per quelle strade assolate, se non fosse che la compagnia di mia sorella lasciava molto a desiderare…però davanti a quel prato immenso non ho resistito e mi sono sdraiata al sole.
Si stava davvero bene.
Sentire la leggera umidità dell’erba sotto il corpo ed il sole sul viso è la cosa più bella che esista in una giornata di maggio.
Grazie Parma, ci rivedremo presto.

inarchi la schiena…come i gatti…

Ci sono immagini che non puoi dimenticare.

Sono dei fotogrammi di ricordi che ti si stampano nella mente come fossero le fotine della Polaroid, pronte per esser guardate ogni volta che vuoi.

Una di queste immagini sono i suoi occhi verdi…intensi, liquidi, accesi. Occhi che quando ti guardano in quel modo lì…puoi soltanto abbassare lo sguardo imbarazzata.
Occhi che sembrano guardarti dentro e scavare. Occhi che non ti credono quando parli e fanno bene. Occhi scettici, e pieni di voglia di te.

E’ uno sguardo che non puoi semplicemente incrociare, ogni volta che lo vedi ti si scaglia addosso e ti lascia senza parole qualunque cosa tu stia facendo. Da quando lo incontri sul cuscino a quando passeggi per strada. 

Imbattersi in quello sguardo, in quel viso ad un centimetro dal tuo stesso naso è un emozione che non puoi spiegare, ti si blocca lo stomaco, ti tremano le mani, ti si annebbia il cervello.
L’attrazione ti entra nella carne come se fosse una lama, come una sciabolata, e ti lascia senza sangue.

E capisci che se nella tua vita fino ad ora niente è mai stato così forte, così epidermico, così primordiale…se nella tua vita non ti sei mai sentita così spontanea…un motivo c’è.
Ed è uno soltanto.

Patetico per chi non rientra nei ringraziamenti

Ci sono momenti che perdi ogni speranza.
Attimi in cui pensi che forse ti stai avventurando in un percorso di cui non vedrai mai la fine.
Poi tutto viene da sé, tutto viene per caso.
Tutto può cambiare…con un bacio.

Tutto può cambiare quando inizi a sentire che c’è qualcosa di fortissimo dentro di te, qualcosa di speciale, qualcosa, finalmente, di VERO.

E capisci che il tuo percorso aveva ed ha un senso.

E sei grata per tutti i segni che questo viaggio ti ha lasciato sulla pelle, tutte le persone che hai incontrato nel tuo cammino, tutti i discorsi che hai fatto con chi ha avuto la pazienza di ascoltarti un po’.
Per tutti quegli amici preziosissimi che hanno voluto ascoltare non quello che fai, non quello che vuoi, non quello che pensi, ma semplicemente quello che sei.

Se oggi sono felice di essere quello che sono lo devo a queste persone.
A chi mi ha insegnato che amarsi vuol dire prima di tutto rispettare se stessi e i propri desideri, le proprie esigenze, i propri istinti. A chi mi ha insegnato che ogni essere umano è prezioso e che ogni cosa che gli appartiene è preziosa con lui.

E le ringrazio queste persone, perché non mi hanno giudicato mai, perché soprattutto mi hanno criticato soltanto quando ero io a giudicare me stessa, perché mi hanno fatto capire cosa significa sentirsi liberi.

E adesso che questa Libertà mi fa sentire viva, sono contenta di essere qui.
Del mio percorso, delle curve pericolose che girerò senza pensarci, dei rischi che ho corso e di quelli che correrò.
Di tutta, tutta, tutta l’immensa felicità che sto provando in questo momento.