Che tanto…

“Sai scrivere, non mollare”, diceva il mio professore di giornalismo ormai quasi 10 anni fa.
“Sai scrivere, non mollare” dicevano i miei primi tutor di stage che cercavano di incoraggiare la mia totale incapacità di fidarmi di me stessa.
“Sai scrivere, non mollare” diceva mia madre dopo aver letto uno dei miei primi racconti.
“Sai scrivere, non mollare” diceva il mio professore di latino al liceo.

“Scrivi. Non mollare”, dico io a me stessa oggi, forse per ricordarmi di quelle parole, o per riempire questo post senza lasciarlo in sospeso come ho fatto troppe volte negli ultimi anni.
E’ che con la scrittura sai dove cominci (a volte neanche quello), ma non sempre sai dove ti porterà. Quindi quella volta che il dubbio ti assale e ti senti senza una direzione…semplicemente lasci stare.

Io non voglio arrugginirmi così, non voglio ritrovarmi tra vent’anni davanti ad uno specchio a pensare “beh, dicevano pure che sapevi scrivere…ah se ci avessi creduto solo una volta”. No.

Penso che non ci deve interessare il nostro livello di bravura nello scrivere, ma la nostra esigenza di farlo. E lo scrivo per me, ma soprattutto per tutti quelli che si trovano nella situazione in cui ogni volta che pensano di voler scrivere un articolo, un romanzo, un racconto o anche soltanto il primo post di un blog, si fermano ad ascoltare quella vocina sfigata che dice loro che viviamo in un periodo in cui ormai scrivono tutti,

che tanto è inutile,
che tanto è tardi,
che tanto è presto,
che tanto non serve a niente,

che tanto…

A chi sente ancora quella vocina io dico di provare a mandarla a cagare e continuare a scrivere.
Ancora cinque minuti. Ancora uno.
Che tanto quella vocina sfigata…resta soltanto una vocina sfigata.

sulla fatica per sognare…

“I sogni si realizzano; senza questa possibilità, la natura non c’inciterebbe a farne.” John Updike

E’ la frase che ho attaccato in camera mia tempo fa, chissà, forse per ricordarmelo nei momenti più neri.

E invece eccomi qua…dopo un anno dal mio ritorno da Londra a chiedermi chi me l’ha fatto fare.

Capisco in questo preciso momento della mia vita che ho un’autonomia di un anno in questo Paese.
E non è stato neanche un anno sereno.
Posso dire che tutti i miei amici che mi erano mancati lassù è valso la pena ritrovarli (con qualche eccezione, ma il 99% è rimasto intatto).
Posso dire anche, però e purtroppo, che quello che ho perso negli ultimi anni è un prezzo troppo caro da pagare.
Quello che ho perso è l’entusiasmo. E pronunciare questa parola oggi produce in me quasi un vuoto di senso.
Chi mi legge dall’apertura di questo blog può verificare la piega che ha preso negli ultimi tempi, e trovare una persona diversa. Chi riesce a notare questo può facilmente rendersi conto di come mi fa diventare questo nostro BelPaese.
Perdere l’entusiasmo non è una cosa da poco. Perdere la voglia di crederci ancora, la voglia di laurearsi al più presto perché poi farai qualcosa finalmente, l’esigenza di dare il tuo contributo per cambiare le cose che non vanno, la ricerca di un po’ di tempo per godersi quelle che vanno.
E ogni volta che parlo con chi vive all’estero (e gli amici che se ne vanno aumentano sempre di più) continuano a dirmi “perché sei ancora lì? che ci fai in Italia?Ti fai solo il sangue amaro. Vieni a Londra/Bruxelles/Parigi/Aarhus”.
Poi torno giù nel profondo sud e le persone a cui dico che è meglio che cerco lavoro “al nord” mi guardano pure male perché “poi rinneghi le tue origini”.

Non le rinnego le mie origini. Rinnegare qualcosa significa fingere di non conoscerla. Ed io purtroppo il mio Paese lo conosco fin troppo bene.
E so che sono sempre stata un’entusiasta della vita e dei sogni, sempre quella che nei gruppi continuava a sperare. L’ingenua di turno a volte, che convinceva gli altri a lottare per raggiungere i propri obiettivi, che ti diceva sempre “non mollare, prima o poi riuscirai ad ottenere quello che vuoi”.
Non era la positività la mia carta vincente, ma la caparbietà.

Ora sento che mi sto arrendendo.

La realtà è che finché non ho lavorato fuori le cose a cui aspiravo erano soltanto idee ora so che sono fatti, fatti che gli italiani non vedranno. Non ora. Non con questo Governo. Forse non in questa vita.
Fuori da qui avere 25 anni significa essere vecchi. Qui a 25 anni non ti rispondono neanche alle email.
Fuori da qui fare un tirocinio significa avere un rimborso spese. Qui fare un tirocinio significa lavorare gratis a tempo indeterminato, ed è forse l’unica cosa a tempo indeterminato che c’è.
Fuori da qui se non sai fare una cosa te la insegnano. Qui se non sai fare una cosa hai uno stipendio e sfrutti quello che lo fa gratis per te.
Fuori da qui non sei nessuno né se sei un tirocinante, né se sei il Direttore. Qui se sei il Direttore sbatti la porta in faccia anche e soprattutto a chi è meglio di te.
Fuori da qui la politica mantiene ancora un po’ del suo senso originario. Qui la politica è cabaret.

E ad ottobre me ne sono tornata in Italia perché volevo provare a fare qualcosa qui. Perché avevo ancora entusiasmo.
E ricordo una conversazione con la mia amica Londoner di adozione che mi diceva “cerca di non perdere questo entusiasmo, è una cosa che può succedere stando in Italia”.
E ricordo che ci volevo credere ancora. Così come ci voglio credere ancora adesso. L’Italia è la mia terra, che mi piaccia o no. L’italiano la mia lingua che mi piaccia o no. La domanda non è se voglio andarmene. La domanda è quando lo farò. E so che più resto qui, più mi passa la voglia di fare qualunque cosa. E so che i miei tempi si iniziano a dilatare inesorabilmente. E mi sento in ritardo e mi sento in anticipo.
Mi sembra come quando ero a Firenze e l’aula computer aveva i pc nuovi senza i software ed il nostro professore ci diceva “è come avere una Ferrari senza motore”. E so che sono passati tre anni e se torno in quell’aula i pc sono ancora senza software. Allora mi rendo conto che è il Paese a non avercelo il motore. E che è un circolo vizioso perché il motore di questo Paese siamo noi.

Ma il motore conta poco per una Ferrari se non c’è una pista su cui correre.

Se la Ferrari la guidi in città prima o poi il motore si scassa.

E noi ci stiamo scassando.

E la cosa peggiore è che i pit stop per aggiustare le nostre anime intossicate non ci sono più da un pezzo in questo BelPaese.Se ne saranno andati all’estero anche loro, chi lo sa.

news..

"Studia, no non ne ho voglia. Studia!No non ne ho voglia!"… questa la frase che mi gira in testa.
"Gira" è il verbo giusto…va in circolo, come un interminabile loop.
Esami a giorni, scadenze che si avvicinano ed io che mi rendo sempre più conto dell’inutilità dell’università, dell’assurdità di questo sistema assurdo, dell’impossibilità di far corrispondere i propri studi alle proprie passioni.
Vorrei avere una vita parallela in cui sperimentarmi. E fare teatro, fotografia, corsi di scrittura creativa, corsi di arabo e giapponese, leggere tutti i libri del mondo…una vita infinita.
Invece son qui con davanti un libro sulla Conversation Analysis di cui non me ne può fregare di meno…a ristudiare nomi macinati e rimacinati che tornano ad affollarmi il cervello dopo aver fatto tanto per rimuoverli…Goffman, De Saussure, Wittgenstein, Goodman…

Grazie a Dio manca poco. Devo solo pensare a questo e stringere i denti ancora un po’…dicono che basti pensare a quello che hai già fatto per trovare la positività ed andare avanti…ci ho provato. Ma l’idea che dopo aver fatto 50 esami sia ancora qui a bestemmiare su pagine di cui non trovo un senso non mi rallegra affatto.

Buoni Propositi

Diversamente -perché non l’avevo mai fatto prima- dagli altri anni, stavolta la lista dei buoni propositi per il 2009 la voglio fare…e la farò prendendo esempio dagli insegnamenti che mi ha dato il 2008 bisesto-funesto.

Leggere almeno un libro -non universitario- al mese; vedere tutti quei film classici che non ho ancora trovato il tempo di vedere; tornare di nuovo a fare sport, che si ricollega direttamente con recuperare la mia piccola, -ma significativa- massa muscolare che ormai non esiste più; tornare a Londra; finire gli esami; LAUREARMI; fotografare di più; scrivere di più; telefonare più spesso agli amici che sennò s’incazzano e li perdi per una stupidaggine; trascorrere almeno una giornata a casa senza litigare con i miei ogni volta che scendo a trovarli; allungare il livello di sopportazione nei confronti di mia sorella dall’attuale ungiornoemezzo a tregiorni (questa è dura…); vedere più spesso gli amici che ho sparsi per il mondo ergo costringerli a venirmi a trovare, andare a trovare loro; uscire anche quando non mi va; allargare il giro di amicizie, o perlomeno di conoscenti; non cercare più l’amore che sennò non arriva, ma continuare a crederci per riconoscerlo se si presenta; ELIMINARE dal mio vocabolario l’espressione "sono vecchia per fare questa cosa"; ricomprare la bici alla faccia di chi me l’ha fregata; ridurre l’ascolto di canzoni depresse ad un massimo di un giorno al mese -preferibilmente non nel weekend-; evitare paranoie inutili e pensare soltanto a vivere la mia esistenza;

I buoni propositi nascono da una strana energia che questo 2009 mi ha messo addosso. Non so a cosa sia dovuta, ma penso di aver pienamente recuperato la mia vecchia grinta, tanto che è il secondo giorno che studio in tranquillità e soprattutto che ho voglia di fare…che sia dovuto davvero agli astri? mah…per adesso mi piace questo stato di accelerazione, basta riuscire ad evitare di bruciare il motore….

Per la serie al peggio non c’è mai fine..

Se c’è una cosa peggiore della malinconia natalizia è viverla da sola mentre tutti intorno a te si sbattono per fare regali ai propri ragazzi, ragazze, mogli, mariti, figli, E per una volta non mi viene da pensare "che bello, almeno risparmio la corsa al regalo, l’ansia di non saper cosa comprare e il dubbio di se piacerà". Quest’anno mentre cammino nella pioggia con i guanti troppo grandi a scaldarmi le mani e il freddo che mi entra nelle ossa, penso che sarebbe davvero bello avere qualcuno accanto mentre guardo le vetrine e penso ai regali per gli amici.
Qualcuno con cui litigare su chi porta l’ombrello, e che quando dici "ho freddo" ti abbracci e ti prenda le mani per riscaldartele un po’ nelle sue, anche se sono più fredde.
Qualcuno che ti smonti tutte le idee che hai dei regali che vuoi fare, e che quando dici senza pensarci "che bello quello!!!" ti dissuada dal prenderlo e lo tenga in mente per comprarlo a te.
Qualcuno che ti faccia venir voglia di uscire di casa e passeggiare perfino tra la bolgia infernale di questo infelice periodo, che faccia passare in secondo piano la prepotenza della gente, gli spintoni, le corse, le file alle casse, le lotte per chi prende l’ultimo modello diqualunquecosa.
Qualcuno con cui sparlare dell’ennesimo film di Natale per poi scegliere insieme di andarne a vedere un altro che magari non andrà a vedere nessuno a parte voi due. E al cinema qualcuno che mangi la stessa quantità di popcorn che mangi tu che anche se è troppo grande alla fine la finisci sempre tutta.
Qualcuno con cui scegliere di non far nulla a Capodanno, o magari di starsene in casa al calduccio perché sai che comunque la persona più importante con cui festeggiarlo è lì con te ad augurarti unfeliceannonuovoinsieme.
Qualcuno a cui leggere ad alta voce i brani dei libri che ami di più, le frasi dei film, le parole delle canzoni.
Qualcuno che non riesci a seguire quando ti parla perché continui a chiederti come fa ad essere così indiscutibilmente bella ai tuoi occhi. Qualcuno a cui dedicare "A te" di Jovanotti.
Qualcuno con cui andare all’Ikea come una tra le tante coppiette felici.
Qualcuno da fotografare di nascosto perché "così sei più naturale".
Qualcuno qualcuno qualcuno…..

Semplicemente qualcuno.

Infanzia

Chi l’ avrebbe mai detto che alla fine avrei associato ad una serata romana una delle cose che ha caratterizzato tutta la mia infanzia? Si tratta di Return to Oz.
E’ un film della Walt Disney, o meglio…mi correggo, il più bel film che la Walt Disney abbia mai fatto. E ieri sera in quella stanza a riguardarlo dopo 10 anni, avvolta in una coperta di lana a quadri, mi rendevo conto di quanto i film che guardiamo da piccoli influenzino poi molti dei nostri valori, scelte, o punti di vista.
E capivo quanto di quelle scene che ho sempre adorato tanto è ancora oggi una piccola parte di me, affezionata alla stanza degli oggetti di cristallo o al the con il Re degli Gnomi.
E pensare che per una buona parte della mia vita i fantasy li ho perfino associati alla demenza, alla stupidità umana…negando ed ignorando a quanto pare un’intera parte della mia vita..quella di Ritorno ad Oz e de La storia Infinita, quella di Fantaghirò e dei cartoni animati…quella che oggi mi fa ancora amare la lettura, i libri con la copertina in pelle, i negozi di antiquariato, i cani bianchi e gli oggetti di vetro…
Quella che mi fa sempre avere un desiderio in mente per evitare che Fantasia scompaia..

Up to the bones

Sapete che vi dico? Non mi interessa.

Se questo blog esiste è anche perché nei momenti in cui ne ho voglia mi rende libera di parlare di quello che sto inghiottendo, e se per voi è troppo depresso, troppo triste, troppo polemico, troppo autobiografico, troppo troppo, siete liberi di cambiare canale, 

n o n m e n e f r e g a a s s o l u t a m e n t e  u n a m a z z a .

Tornando a me (perché sto diventando megalomane, ma passerà).
Sto iniziando a somatizzare.
Ma della serie che mi manca l’aria, che non riesco a condividere un ambiente con le stesse persone per più di mezz’ora, che ho lo stomaco a pezzi, che ho la fobia delle persone che non conosco, che ho scatti di ira, che mi sento aggressiva e diffidente, che mi sembra che il mondo ce l’abbia con me e mi sembra che il mondo non mi consideri neanche lontanamente, insomma mi sento
schiZofrenica.
E a qualcuno voglio anche dirlo, ma come lo spieghi? Come fai a dire alla gente "in questo momento non ti sopporto" quando l’attimo dopo ti viene da dir loro "ti voglio bene"? Come fai ad ammettere che puoi andare dovunque, ma non staresti bene da nessuna parte? Come fai ad accettare il fatto che anche se ora, adesso ti mettessi su quel maledetto aereo e ti trasferissi   per sempre ti verrebbe voglia di scappare anche da lì dopo due giorni?

Come fai ad accettare che quello che ti manca, ti mancherà sempre finché non accetti il fatto stesso che ti manca?
Ecco.
Appunto.
Dico di volerlo urlare, e  non riesco nemmeno a scriverlo, figurarsi a parlarne.

P.S. Tranquilli al momento non mi preoccupa l’idea di impazzire, se ciò accadesse forse migliorerei.

E allora che gusto c’è a tornare?

non so come prendere questa partenza.
A volte la vedo come un tornare indietro, a volte co
me uno starmene ferma per un po’.
Fatto sta che so come dovrei vederla.
Dovrei viverla come un andare avanti, come un esplorare qualcosa che fa parte del passato, ma con occhi nuovi, con gli occhi di chi ha vissuto per tre mesi come e dove ha sempre voluto vivere.
E se allora è davvero così, se davvero ho visto come e dove vorrei vivere che gusto c’è a tornare?
Il gusto di vivere ciò che ho perso stando qua.
Perché anche stando a Londra ti perdi qualcosa, è normale.
E ti perdi le partenze e i ritorni degli amici che contano.
Ti perdi i capelli bianchi di tuo padre e i sorrisi di tua madre.
Ti perdi il calore.
Che è quello che mi manca in questo momento.
Il calore e l’affetto di persone su cui so di poter contare. Le voci che ti fanno sorridere quando le ascolti. Gli abbracci da pelle d’oca. Le conversazioni infinite sui massimi sistemi.

Ho scritto più di una volta sull’importanza dei legami di amicizia, ma mai come ora sento che sono proprio quelli a farmi salire su quell’aereo domenica.
Fino a pochi giorni fa non riuscivo a trovare un motivo per tornare in Italia e non riuscivo a trovare un motivo per cui non stavo bene qui. Ora ce l’ho, l’ho capito.
E ho capito che puoi essere nel posto più bello del mondo, puoi realizzare il sogno di una vita, puoi avere due miliardi in banca al giorno e un attico a New York, puoi fare un lavoro che ami, puoi essere la più figa dell’intero pianeta, puoi avere tutto quello che hai sempre desiderato, ma una cosa non cambia:

avrai

sempre

bisogno

di

calore.

Per fortuna.

inarchi la schiena…come i gatti…

Ci sono immagini che non puoi dimenticare.

Sono dei fotogrammi di ricordi che ti si stampano nella mente come fossero le fotine della Polaroid, pronte per esser guardate ogni volta che vuoi.

Una di queste immagini sono i suoi occhi verdi…intensi, liquidi, accesi. Occhi che quando ti guardano in quel modo lì…puoi soltanto abbassare lo sguardo imbarazzata.
Occhi che sembrano guardarti dentro e scavare. Occhi che non ti credono quando parli e fanno bene. Occhi scettici, e pieni di voglia di te.

E’ uno sguardo che non puoi semplicemente incrociare, ogni volta che lo vedi ti si scaglia addosso e ti lascia senza parole qualunque cosa tu stia facendo. Da quando lo incontri sul cuscino a quando passeggi per strada. 

Imbattersi in quello sguardo, in quel viso ad un centimetro dal tuo stesso naso è un emozione che non puoi spiegare, ti si blocca lo stomaco, ti tremano le mani, ti si annebbia il cervello.
L’attrazione ti entra nella carne come se fosse una lama, come una sciabolata, e ti lascia senza sangue.

E capisci che se nella tua vita fino ad ora niente è mai stato così forte, così epidermico, così primordiale…se nella tua vita non ti sei mai sentita così spontanea…un motivo c’è.
Ed è uno soltanto.