“Fino a quando resterai bruco difficilmente convincerai gli altri del tuo potenziale da farfalla.” A.T.
E’ una di quelle citazioni applicabili a qualunque situazione.
Quando ci sentiamo bruco da piccoli perché non siamo ancora abbastanza avanti come gli altri.
Quando siamo al liceo e non riusciamo ad emergere tra i compagni di classe e non capiamo il perché.
Quando ci piace qualcun* e quel qualcun* non ci degna nemmeno di uno sguardo e ci chiediamo cos’abbiano gli altri più di noi.
Quando inviamo c.v. a catena e non riceviamo risposte.
Quando arriviamo a cinquant’anni e ci sembra ancora di vivere il dramma adolescenziale dell’accettazione ogni volta che dobbiamo fare qualcosa di socialmente visibile.
Siamo stati tutti bruco almeno una volta nella vita.
E tutti gli amici intorno a dirci quanto eravamo belli dentro e quanto potenziale avevamo da condividere con gli altri.
Oggi mi sento un po’ bruco, mentre il bar superfighetto sotto casa, pieno di radical chic che si fingono Rockefeller perché disposti a pagare 8 euro uno Spritz, diffonde un’inascoltabile lounge music che penetra le pareti della mia cucina.
Ed io me ne sto qui sul divano a scrivere in penombra, senza la minima malinconia.
Mi sento bruco che vuole essere bruco. Tartaruga che se ne vuole star dentro il proprio guscio.
Non ho. La minima. Voglia. Di vedere gente.
Ma avvoi che vi frega. Siete capitati su questo post probabilmente perché avete cercato su google cose tipo “trasformazione da bruco a farfalla” oppure più sottilmente “dramma adolescenziale” e l’ultima cosa di cui avete bisogno è leggere le paturnie di una che se ne sta in casa perché non c’ha voglia di uscire. Sfigata.
Beh, io vorrei soltanto comunicare a tutti i fedelissimi che stanno cercando con fatica di arrivare alla fine di questo probabilmente inutile post che alla fin fine non muore mica nessuno se è primavera e non ve ne può fregar di meno di uscire di casa!
Non siete asociali (forse un po’, ma non patologicamente), non siete sociofobici, non siete depressi (non necessariamente almeno), semplicemente Non. Vi. Va.
E tutta ‘sta paranoia che uno nasce bruco e deve diventare farfalla, tutta sta filippica che ci inculcano in ogni cosa che facciamo, dal corso di pasta fatta in casa a quello di bisnessmenagment, ma non se ne può più!
Si cresce – non sempre.
Si migliora – non necessariamente.
S’impara – a volte.
Si cambia – poco.
Alla fine siamo bruchi dentro. Diventiamo farfalle prima o poi, prima o poi spieghiamo le nostre meravigliose ali colorate e iniziamo anche noi a sfarfallare qua e là tra uno spritz (8 euro no però!) e un tavolino luccicante di un bar.
Anche noi iniziamo a chiederci se le scarpe che stiamo indossando c’entrano o meno qualcosa con il resto, ma alla fin fine quello che conta (e quello che resta) è quello che eravamo da bruchi.
Chi nasce tondo non può morire quadrato.
Dice sempre mia cugina. Ed è così.
Una farfalla muore farfalla, è diventata farfalla. Ma se potessimo chiederle cosa pensa, sono sicura che risponderebbe che in fondo in fondo si sente ancora un po’ bruco.
Buon aperitivo.